06/05/2008   12:47 942

In ricordo d’una donna in lotta per le altre


Quando ho visto quel filmato nella puntata di Blob di giovedì 6 marzo mi sono venute le lacrime. Una donna magra, elegante nella sua camicetta a fiori e la giacca avvitata, i capelli cortissimi e la collana di perline a più giri, una donna elegante dice con chiarezza parole come pietre. La voce è ferma, distinta; ma si percepisce l'indignazione, l'accoramento nella difesa. Era Tina Lagostena Bassi, venuta a mancare, all'età di 82 anni, il 4 marzo. Il filmato era la cronaca di uno dei tanti processi per stupro nei quali lei è stata il difensore delle parti lese, quando le donne urlavano che le parti lese eravamo tutte e non solo le malcapitate di turno, denunciando lo stupro come pratica avallata dalla cultura e dal costume dominante e dilagante tra gli uomini. Era lei che difendeva le donne quando era facile insinuare che erano loro a provocare i maschi, che in fondo avevano cercato la violenza con una condotta immorale e riprovevole. Nel filmato, la sentiamo spiegare che la sua assistita chiederà solo una lira come risarcimento danni e che la rimanente parte dei soldi ha deciso di devolverla a un’associazione contro la violenza. Pare un manifesto femminista, con l'aula del tribunale gremita di “streghe”, la cui presenza deve aver dato non poca forza alle prime, coraggiose che all'epoca denunciavano quanto subito. L’ ”avvocato delle donne”, come è stata da lì in avanti soprannominata Tina Lagostena Bassi, è stata tra le più ferme sostenitrici dell'urgenza di una legge che riconoscesse la violenza sessuale come reato contro la persona e non contro la morale; che permettesse alle associazioni di donne di costituirsi parte civile nei processi e che prevedesse pene adeguate per gli stupratori. Certo, oggi sappiamo come sono andate le cose da quel 1996, anno in cui la legge 60 è stata finalmente approvata. La violenza non è diminuita, anzi, pare che la crisi del classico modello dell'uomo forte e dominante ne abbia acuito una qualche recrudescenza. Però, almeno, sono aumentate le denunce, le donne stanno meno zitte ed è più difficile poter dire in pubblico che “se la sono cercata”. Ancora poco, ma quel poco lo dobbiamo anche a lei.

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