Southside festival, piccola Woodstock
Giugno, tempo di musica. Per 100 euro ho comprato il biglietto per il Southside Festival, rassegna rock che si tiene ogni anno in giungo a Neuhausen, minuscola cittadina a 20 km dalla Svizzera. Vado con Tarek, amico brasiliano di madre libanese e ascendenze miste. È lui che mi ha parlato del festival, ha prenotato i biglietti e si è preoccupato per il viaggio.
In Germania è normale, quando si ha intenzione di viaggiare in auto, pubblicare in internet il proprio itinerario, in modo da procurarsi passeggeri con cui dividere le spese. Semplice, economico, ecologico. Venerdì mattina ci incontriamo alle 11 col nostro autista, Janko. Il suo furgoncino è fantastico: 7 posti, con sedili apribili e tavolino, qualcosa a metà tra una roulotte e un pullman.
Poco dopo ci raggiunge un’altra compagna di viaggio, Sarah, che non appena partiti ci comunica tragiche notizie: ha sentito per radio che il giovedì mattina, durante il montaggio di un palco, il forte vento ha fatto collassare su se stesso uno dei tendoni principali: un volontario della croce rossa è rimasto ucciso e altre persone ferite. Il festival, per volere degli stessi volontari, si terrà comunque.
Attraversiamo la verde Baviera e il dorato Baden e ho modo di vedere, per la prima volta, l’altro volto della Germania. I piccoli paesi che incontriamo sono bomboniere piene di case con tetti a punta, addobbate di fiori neanche fosse Sanremo.
A differenza di tutte le grandi città, la campagna non fu bombardata durante la II guerra mondiale e la
sua fisionomia ha potuto conservarsi perciò intatta ed evolversi poi con discrezione. Mentre medito sulla storia urbanistica tedesca, nuvole minacciose ci corteggiano fino a scaricarci addosso tonnellate d’acqua. A Ulm raccogliamo un’altra passeggera, Ulrike, e da quel momento sembra che la pioggia si calmi. Il nostro furgoncino, nel complesso, ha un’aria molto hippy, ma la prima sosta che effettua è al McDonald, perché Janko ha fame di patatine. Per quanto dubiti che Janis Joplin approverebbe, seguo anch’io la truppa nel dorato mondo dell’olio di semi.
Dopo 4 ore e mezza complessive di viaggio giungiamo al festival. Salutiamo i nostri compagni, dandoci appuntamento per la partenza al lunedì e ci accodiamo alla fila per entrare. Il tempo continua a cambiare ogni due minuti. Una volta dentro sentiamo voci che parlano di 50.000 visitatori, un decimo di Woodstock. Il fango però mi pare lo stesso: a stento riesco a muovere i piedi nella melma e invidio ardentemente i previdenti tedeschi, per la maggior parte muniti di stivali da pesca e key-way. Il campeggio è pieno di personaggi di vario tipo: un tizio è vestito da coniglio rosa gigante, un altro si appresta nudo alla torre del bungee jumping, una ragazza gira dentro un carrello da spesa modificato… Incontriamo gli amici di Tarek che ci attendevano dal giorno prima, montiamo la tenda in fretta sperando che non ci piova addosso e ci riposiamo un po’ in vista dei primi concerti. Dei quali però vi racconterò la settimana prossima…