Aquí il tempo pasa diverso!
Fine semestre, esami alle spalle, meritata vacanza: volo in Spagna a trovare Caterina. L’aereo è pieno di tedeschi che vanno in cerca di un po’ di sole. Alla mia sinistra siede un simpaticone sulla cinquantina andante, cui forse nessuno ha avuto il coraggio di dire che il carnevale è finito: pantaloni a coste arancioni e giacca di velluto rosso, portata con non-chalance sopra la maglia blaugrana di Ronaldinho. Approccia con le solite simpatie sugli italiani mafiosi e poi mi racconta della sua vita: è di Stoccarda, ma ha lavorato in Spagna per anni e ci torna spesso in vacanza: “Non capisco bene questa storia del riscaldamento globale; ma poter fare le vacanze al mare d’inverno, senza dover arrivare alle Maldive, non mi dispiace per niente”. Vai a vedere che alla fine il buco dell’ozono non è altro che lo stratagemma con cui le agenzie di viaggi tentano d’incrementare le entrate nella stagione invernale… A Monaco il disastro ambientale si è manifestato con la drastica riduzione delle nevicate (una sola settimana in bianco a fronte dei 5 mesi dello scorso anno). In Spagna però si esagera: atterriamo a Malaga alle 20, e in giro vediamo per lo più maniche corte e sandali. Situazione normale per il luogo, se non fosse che è il 28 febbraio. Saluto l’amico alemanno e trovo Caterina ad attendermi; dopo prolungati abbracci cinematografici, attraversiamo il mare di germanici vacanzieri, dirigendoci verso la fermata dell’autobus. Improvvisamente, mentre chiacchieriamo, vedo gli occhi di Caterina sgranarsi fin quasi ad uscire
dalle orbite. Cerca inutilmente di contenersi, ma poi scoppia a ridere ed indica qualcosa alle mie spalle. Mi giro e vedo una signora – alta, bionda, composta, tedesca – con un guinzaglio in mano. La corda è ben tesa e la signora fa fatica a manovrarla; all’altro capo però, invece di un sambernardo di 80 chili, c’è un bambino. Non ridete, sono tragedie. Il piccolo, biondo anche lui, è paonazzo in viso per via degli sforzi fatti nel tentativo di liberarsi; è imbracato con briglie che gli circondano il torace e si protende in avanti alla continua ricerca d’una impossibile libertà di movimento. La (presunta) madre di tanto in tanto tira la corda lentamente ma con fermezza. Che le abbiano sostituito il chihuahua al ritiro bagagli e non se ne sia accorta? È un dubbio nel quale mi piacerebbe cullarmi, ma da come le vedo gestire la bestiola deduco che ella sia consapevole della razza della suddetta. Abbandoniamo la cinofila e filiamo in centro. Il tempo di una doccia e poi incontriamo gli amici di Caterina in una “bodega”. A gestire la serata è Quino, malagueño doc, che dispensa chiacchiere in “itagnolo” e bicchieri di “vino dulce” Andaluso: alle sue spalle campeggiano mattonelle dai disegni arabi, pezzi di una delle tante Europa. La rilassatezza della tavola fa volare via dalla mia mente le apocalittiche immagini di bimbi al guinzaglio e turisti contenti dell’effetto serra. “Questa è Malaga” dice Quino, “aquí il tempo pasa diverso.”
Marcello Gisondi