02/05/2007   18:6 1359

Italici paradossi: viverli o perire!


Il mese scorso, a conclusione di un seminario su Jacob Burckhardt, il professor Ricklin ci invita tutti - studenti e dottorandi, italiani e tedeschi - a bere qualcosa al bar, all’angolo dell’università. Durante il corso si è discusso del Rinascimento italiano, al bar l’attenzione si sposta sull’Italia odierna.
Molti dei presenti conoscono del nostro paese per lo più la storia passata o le spiagge. Il professore, invece, ci ha vissuto a lungo, e ciò lo rende il mediatore perfetto in una discussione del genere. Per di più, essendo svizzero, la sua neutralità non abbisogna di certificazioni.

Una studentessa di Friburgo che parla un minimo d’italiano sembra interessata in particolare al giornalismo nostrano. Cercando di misurare le parole, mi chiede: “Cosa è Bruno Vespa, uno giornalista?” Ne ha letto da qualche parte ed è incuriosita: è un fenomeno che non sa spiegarsi. “No” dico polemicamente, forzato dall’urgenza di una risposta secca, prescindendo quindi dalla sua lunga iscrizione all’Albo professionale. Ma prima che abbia il tempo di argomentare lei incalza: “E perché i politichi parlano da lui?”.

Eccomi incastrato. Per un italiano sentirsi rivolgere in Germania domande su simili paradossi non è affatto infrequente. Mentre cerco le parole per esprimermi, il professore interviene togliendomi dall’imbarazzo: “Bruno Vespa non è traducibile né nella lingua, né nella logica tedesca”.
Dopodichè prende a raccontare, con una dovizia di particolari che mi lascia stupito, le mille e una vite, del conduttore porta a porta, senza tralasciare citazioni memorabili e persino un abbozzo di imitazione. Alla fine la confusione della studentessa è addirittura aumentata: alla luce di tutto ciò che ha sentito non riesce a spiegarsi come sia possibile che Vespa conduca il programma d’approfondimento più importante della televisione nazionale.

Io una risposta non riesco ad averla nemmeno stavolta. Ne ho mille, ma tutte mi sembrano insufficienti a spiegare l’anomalia. Guardo ansioso il professore sperando che possa soccorrermi nuovamente. Lui lo fa a modo suo: “Ero a Roma come Visiting Professor.
Dopo il primo giorno di corsi mi fermo al bar di fronte al Pantheon, frequentato quotidianamente da migliaia di turisti. Ordino un caffé e lo bevo, dando uno sguardo a Repubblica. Il giorno dopo faccio la stessa cosa: mi siedo col mio giornale e sto per ordinare, ma prima che abbia il tempo di parlare il cameriere mi fa ‘Sempre caffé, dottò?’. Essere riconosciuti il secondo giorno che si frequenta un bar di paese è normale. Ma nel Caffé più frequentato della capitale… questo ha per me qualcosa di geniale”!

La studentessa rimane interdetta: non comprende né il senso dell’aneddoto, né la sua connessione con Vespa. Quest’ultima, a dire il vero, è ignota anche a me. “L’Italia vive di contraddizioni incredibili” prosegue il professore: “Nel bene e nel male molti aspetti del vostro paese non si lasciano assimilare nella logica, tanto meno in quella europea: per comprenderli davvero bisogna sia viverli che imparare a raccontarli”.
Marcello Gisondi

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