Mogli e buoi dei paesi tuoi
Lasciamo di buon mattino l’autogrill e puntiamo verso la Spagna. Fabrizio si offre al volante, noi ne approfittiamo per dormire ancora. Dopo un po’, mi sveglio disturbato e gli do il cambio. La sera mi confesserà di avermi svegliato lui: stanco di guidare. Non volendo dirlo apertamente, si è messo a dare dei colpi di freno facendomi sbattere la testa sul sedile. Gli amici…
Al confine franco-spagnolo un traffico pazzesco ci imbottiglia in un labirinto di targhe tedesche e olandesi, dal quale ci liberiamo solo dopo due ore. Appena entrati in Catalogna ci fermiamo a Figueres, paese natale di Salvador Dalí. Più che alla pittura siamo però interessati alla spiaggia. Visto che non è un granché, la abbandoniamo dopo un bagnetto e un panino insipido.
A 50 km nell’entroterra catalano c’è Banyoles, dove ci attende il caro vecchio Keller, in vacanza a casa della fidanzata. Ha conosciuto Helena quando lei studiava a Campobasso: il progetto Erasmus svolge a volte anche funzioni di agenzia matrimoniale internazionale. L’ospitalità catalana ristora anche più dei beni che offre.
A cena Helena ci mette davanti alcune specialità locali: salsicce, pane e pomodoro, e peperoncini verdi fritti. Le salsicce sono squisite; il pane e pomodoro è normale pane e pomodoro (da quel che ho capito per loro è un piatto tipico); i peperoncini hanno una particolarità: uno ogni tanto, a sorpresa, dovrebbe essere piccante. La nostra è, però, evidentemente una partita difettata perché sono tutti normali. Ciò nonostante Virgilio continua timoroso a scrutarli uno a uno,
da vicino, prima di ingurgitarli. S’aspetta forse che confessino…
Helena ci racconta del suo bilinguismo: “Quando c’era Franco il catalano era proibito. Forse, è anche per questo che adesso viene così fortemente difeso. Ci sono dei nazionalisti che vogliono l’indipendenza assoluta dalla Spagna. Io mi sento spagnola e non ho alcun problema a parlare castigliano, ma la mia lingua madre è il catalano. Gli altri spagnoli questo a volte non lo capiscono”.
In spagnolo “ho fame” si dice “tengo hambre”; in catalano è “ting fam”. Praticamente è barese.
Il giorno seguente ci spostiamo di 20 Km per vedere Girona, la “Firenze catalana”. La visita della città rivela che il paragone non è infondato. Intendiamoci, di Firenze ce n’è una sola. Però, il fiume Onyar che attraversa Girona, i palazzi che su di esso si addensano, lo splendido centro storico, i turisti che lo visitano danno l’impressione di un borgo carico di storie – incarnate nella pietra antica delle strade, dei palazzi – eppure ancora vivo e pulsante.
Seduti a un bar nel vecchio quartiere ebraico, chiacchieriamo rilassati. Guardo il Keller e per la prima volta realizzo che la possibilità che uno dei miei più cari amici abbandoni l’Italia per amore non è remota.
“E il famoso moglie e buoi dei paesi tuoi?!” penso allora.
Lui, intuendo forse il mio dubbio, dice: “Mia madre è nata a Napoli, nel quartiere Bagnoli. Se lascio Terni per trasferirmi a Banyoles, quasi quasi torno a casa…”