Una riunione all’ora sharp
L’e-mail arriva in un ufficio in subbuglio. Oltre a me e alle quatto dipendenti, ci sono due ragazze impegnate per qualche settimana in uno stage. E in quel preciso istante fa capolino pure il garzone del bar che quando viene chiamato a distribuire i caffè va sempre nel pallone; un po’ perché deve dimenarsi tra la lotta che si insinua per chi deve pagare, visto che ci sono per fortuna sempre più pretendenti di quanto sia necessario. Un altro po’ perché oggettivamente tra caffè lunghi, macchiati, “brasiliani” e “con zucchero a parte” non sarebbe facile per nessuno districarsi tra le ordinazioni. Il mittente è di quelli che contano perché ha lo studio ai piani alti dell’edificio. Convoca la riunione alle 10.30 “sharp”. L’aggettivo lascia interdetta più d’una delle mie colleghe. Forse non sanno che il gergo diplomatico in uso in certi ambienti evita il ricorso ai semplici aggettivi italiani e si bea di poter invece utilizzare termini tratti dalle lingue straniere. Dire 10.30 “esatte” avrebbe rasentato il senso del ridicolo e sarebbe stato chiaramente meno chic. Così, nel giorno fissato, tutte vanno in fibrillazione già alle dieci e venti, come se per percorrere i quattro piani che separano il nostro ufficio da quello dell’incontro occorressero più di tre minuti o il tragitto potesse riservare chissà quali trabocchetti. Dopo circa tre quarti d’ora, le colleghe convocate scendono con le mani nei capelli commentando il calzino arancione abbinato alla cravatta d’identico colore esibiti dal loro interlocutore e lamentandosi per una riunione durata soltanto pochi minuti. La domanda su come mai si siano trattenute tanto a lungo è dunque d’obbligo, benché la risposta sia scontata. Il tentativo di tenere l’incontro all’orario prestabilito si è naturalmente scontrato contro il ritardo di alcuni invitati al consesso, complice l’inefficace “sharp” che pochi hanno letto e pochissimi hanno capito. Del resto, ripeto alle mie collaboratrici che ho da tempo imparato a fare tesoro di quanto mi disse una mia collega qualche giorno dopo essermi insediato in ufficio, mentre le sollecitavo un protocollo per me assai urgente: “Rinuncia a tutto questo aplomb. Imparerai presto che qui non c’è niente di veramente urgente”. Figuriamoci se può esserci una riunione “sharp”.
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