Il passo dal sublime al ridicolo
Non posso negare di essere esterofilo, di amare ciò che appartiene a culture altre rispetto alla mia. Dal cibo alle letture, dall’abbigliamento alle tradizioni, spesso mi abbandono al gusto di esplorare qualcosa di diverso. Nell’esprimermi, tuttavia, cerco di limitare l’uso delle parole straniere o di adoperarle solo quando è strettamente necessario anche per evitare inciampi di pronuncia quando non sono sicuro dell’origine di un termine. Quanto occorso in una delle mie riunioni di lavoro, qualche settimana fa, non ha fatto altro che confermare tale convincimento. “Noi abbiamo un targhé definito” ha, ad un certo punto, sentenziato il manager con il quale stavo discorrendo di alcuni progetti. “Del resto, quando si realizza qualcosa, non si può prescindere dal proprio targhé, altrimenti si rischia di fallire”. Devo confessare di aver nutrito qualche dubbio, man mano che il mio interlocutore ripeteva la tanto amata parola targhé, al punto che devo aver pure tradito un’espressione enigmatica, tesa nello sforzo di capire cosa quel vocabolo volesse dire. Solo alla fine, quando il manager ha parlato di targhé come obiettivo, ho potuto intuire che il termine cui si riferiva era, con tutta probabilità, il sostantivo inglese target, che vuol dire appunto obiettivo e si pronuncia, per capirci, tàrghet. Il vero dramma, in queste situazioni, è decidere se correggere, con fare didascalico, il proprio interlocutore o far finta di nulla. Il Galateo imporrebbe di ripetere la parola con la giusta intonazione e così ho fatto anch’io. Ma nel salutarci, il mio ospite mi ha nuovamente chiesto di avere sempre a cuore l’interesse del targhé, sicché ho potuto dedurre come il trucco non avesse funzionato. Ci si può tuttavia consolare, quando queste cose accadono in riferimento a parole straniere. La nostra televisione offre infatti esempi assai peggiori. Come quello di una conduttrice della domenica che, proprio qualche giorno fa, ha avuto modo di chiarire che “non tutti i dubbi sulla morte di Lady Diana si sono dissoluti”, intendendo, con tutta evidenza, dire che in realtà essi non si sono ancora… dissolti o che non sono ancora stati dissipati. Non c’è nulla da fare. Pur a due secoli di distanza continua ad aver ragione Napoleone: “Dal sublime al ridicolo vi è appena un passo”.
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