L’allora tempesta democristiana e i sempreverdi valori trasformisti
Marzo è mese incostante per definizione. Di solito ci si riferisce all’ambito meteorologico: non di rado capita di vivere tre o quattro giorni di freddo e pioggia inseguiti da una settimana di cielo azzurro e aria serena. Le turbolenze qui in esame, invece, sono quelle che 10 anni fa sconvolsero la politica sannita, in seguito alla migrazione di Mastella e del neonato Cdr dagli ormai avversi territori del centrodestra (vedi “Squadernando” del n. 491) in nome di una opzione centrista destinata, come vedremo nei prossimi numeri, a durare poco. Il terremoto fu inevitabile, non a caso l’articolo a pagina 2 a firma di Peppe Porcaro s’intitolava: “Gli ex democristiani in gran tempesta”.
Il dato politico più evidente fu la decisione di Erminia Mazzoni, consigliere regionale di provata ascendenza democristiana (il padre Ernesto è stato sindaco di Benevento e assessore alla Regione), di rimanere al fianco di Casini nel Ccd. La scelta si sarebbe rivelata fruttuosa per la giovane avvocata: solo tre anni dopo avrebbe inaspettatamente centrato l’elezione a Montecitorio grazie a una clamorosa vittoria contro altri due “pezzi grossi” del defunto scudocrociato, come Mario Pepe e Ortensio Zecchino nel collegio di Ariano Irpino. Come annotava Porcaro, “la Mazzoni è diventata da subito il catalizzatore di quanti hanno deciso di allontanarsi da Mastella”. Alla base del distacco dal ceppalonese la futura parlamentare addusse la volontà di non tradire il patto sottoscritto con gli elettori del Polo della Libertà. Allo stesso modo, poche settimane fa, quando ha dovuto decidere se imbarcarsi nel variegato Popolo della Libertà di Berlusconi oppure rimanere all’interno dell’Udc, la Mazzoni non ha esitato a rimanere nel movimento centrista e sotto le stesse insegne correrà per la carica di presidente della Provincia. Ma torniamo al tempo che fu. Non mancarono rientri importanti nella “Vela”, come quello di Gianfranco Ucci: aveva rotto col partito dopo aver accettato di far parte della Giunta Viespoli nel 1996, ma l’uscita di Mastella di fatto ricostruì a Benevento l’alleanza An-Fi-Ccd schierata a Roma all’opposizione del Prodi. Sigle appartenenti ormai a un’era geologica, vista la semplificazione inevitabile oggi in corso, ma allora esisti tanto unitari erano ancora di là a venire… E comunque, per il sindaco Pasquale Viespoli non mancarono i grattacapi: se da una parte accolse positivamente i dissidenti, dall’altra dovette fare i conti con la migrazione in direzione Cdr di due consiglieri
comunali di maggioranza, ossia Mario Rauso di An e Ugo Del Sorbo. Di costui i lettori ricorderanno la vicenda: eletto in Forza Italia, era rimasto nel centrodestra nonostante l’adesione al movimento esplicitamente antiberlusconiano di Antonio Di Pietro “Democrazia e Legalità”, nucleo della nascitura Italia dei Valori.
A questi due Carlo Panella dedicava un sapido commento posto in taglio basso. Inevitabile la censura del comportamento della “strana coppia”: “La gravità del gesto è accentuata dall’essere subentrati in Consiglio Comunale grazie al premio di maggioranza … Al limite si può comprendere il passaggio da una forza all’altra, purché interne allo stesso schieramento, perché così non si tradisce la volontà ultima del corpo elettorale, ma non il passaggio nel campo avverso”. Parole sante, ma quanto considerate dagli eletti di ogni estrazione? Meglio stendere il tradizionale velo pietoso sui condizionamenti patiti dall’ultimo governo Prodi in virtù della personalissima interpretazione del mandato elettorale ad opera di qualche senatore della Repubblica…
In merito all’affaire Del Sorbo, si beccò la reprimenda anche il coordinatore sannita dei dipietristi Nunzio Pacifico, tornato recentemente dall’ex pm dopo un lungo excursus nella Margherita. Questi, infatti, non aveva rilevato alcuna contraddizione nell’ostinazione di Del Sorbo di proseguire la “doppia militanza”: come semplice cittadino sotto le insegne di Di Pietro, a Palazzo Mosti insieme a Mastella (due personalità, come abbiamo visto in questi anni, non propriamente affini). A modo suo geniale la giustificazione portata da Pacifico a sostegno di tanta disinvoltura: “Il nostro movimento non è un partito, quindi tutto regolare”. Il direttore rimase colpito e si chiese, legittimamente, se ci fosse qualcuno che avvertisse l’allora senatore del Mugello di quanto accadesse in terra sannita. “Qualcuno lo informa – scriveva - sull’utilizzo del suo movimento non per censurare le peggiori forme di trasformismo, ma per accoglierne i protagonisti?”. No, sicuramente no, e non valeva solo per il 1998. Ne avremmo avuto conferma nel 2001 e soprattutto nel 2006, quando come senatore dell’Italia dei Valori è stato eletto il partenopeo Sergio De Gregorio, uscito dopo pochi mesi dalla maggioranza di centrosinistra per essere accolto a braccia aperte nel Popolo della Libertà. La domanda, allora come oggi, è sempre la stessa: qualcuno informa Di Pietro?