L'opposizione ai sei contenitori
Tanto per cambiare, parliamo di rifiuti. Correva il maggio 1998 e l’opposizione di centrosinistra affiggeva in città manifesti critici contro i metodi scelti da Palazzo Mosti per attuare la raccolta differenziata. A giudizio dei gruppi di minoranza (Pds, Popolari, Socialisti e seguaci di Lamberto Dini, tutte forze oggi scomparse) predisporre ben 6 contenitori ed altrettanti sacchetti, ognuno corrispondente ad un determinato materiale, per attuare l’ormai fondamentale pratica di smaltimento costituiva un’inutile preoccupazione. Meglio semplificare con una semplice divisione fra umido e secco. In qualche modo profetica la considerazione contenuta nel documento: “Bisognerà allargare la cucina e i ripostigli per fare spazio ad una batteria di pattumiere, senza considerare il grado di applicazione quotidianamente richiesto a ciascuno per separare sei o sette tipologie. E poi si dovrà svolgere una “gara” quotidiana per individuare la campana giusta: le emozioni non mancheranno!”. In effetti non si può dire sia andata tanto diversamente… Toni un po’ goliardici, insoma, eppure la situazione era in costante peggioramento. Anche perché, rincarava l’Ulivo, a partire dall’anno successivo la tassa rifiuti, già in quegli anni aumentata del 60% rispetto al passato, sarebbe incrementata del 5-10% a partire del 1999. E si sa, le tasse non piacciono tanto ai cittadini, benché qualcuno non molto tempo fa le abbia finanche definite “bellissime”. Difficile essere d’accordo con un’affermazione del genere, tanto più se il servizio reso ai cittadini è quello riscontrabile giorno per giorno in Campania.
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