11/05/2007   19:45 4251

Benevento: intervista a Don Luigi Merola, il parroco che fronteggia la camorra


In occasione della Settimana della Creatività e della Cultura Scientifica le scuole sannite hanno potuto incontrare Don Luigi Merola, il sacerdote che, a Forcella, fronteggia la camorra da anni, senza perdere la speranza

Il colloquio si è tenuto presso l’auditorium del seminario arcivescovile, a compendio del progetto “Laboratorio di invito alla lettura”, ideato e coordinato dalla professoressa Maria Cristina Donnarumma. Il Quaderno ha, così, potuto parlare con Don Luigi Merola.
Don Luigi, cos’è la violenza?
È il non amare: il non aver capito che è bello far del bene. Chi fa violenza, a volte, non ha conosciuto o non si è mai innamorato del bene, perché mai nessuno gliel’ha permesso. Chi fa violenza, spesso, ne è pure vittima.
Nel suo libro “Forcella”, fa un quadro estremamente drammatico del quartiere napoletano, ma allora è impossibile una soluzione?
Una via c’è sempre. Guai a perdere la speranza che, come diceva Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, non è un’utopia, ma qualcosa che si sta realizzando. A Forcella abbiamo creato una rete, perché oggi, solo se lavoriamo assieme, possiamo continuare a sognare. Ci sono tanti impedimenti lungo il nostro percorso, è vero, ma anche se tutti i fiori saranno strappati nessuno potrà mai fermare la Primavera. Questa è la mia grande speranza.
La camorra però resiste. Sta dicendo, invece, che si può sconfiggere?
Io sogno che il camorrista debba morire povero; sogno che il boss del clan vincente a Forcella, non più Giuliano ma Mazzarella, si metta la domenica fuori dalla Chiesa a chiedere l’elemosina, perché lo Stato ha tutte le leggi per poter togliere il patrimonio ai camorristi. Ma, finché presentiamo uno Stato debole, in questa battaglia saremo sempre in pochi.
Se lei fosse lo Stato italiano o il Comune di Napoli, in che cosa agirebbe diversamente?
Se avessi questo potere, innanzitutto, farei lavorare tutti i miei dipendenti. Il Comune di Napoli ne ha 10.000, tra cui 2300 vigili e 3200 netturbini, un esercito, la città dovrebbe essere sempre pulita e in ordine. Il sindaco non ha proprio il diritto di dire lo Stato dov’è, se l’Amministrazione Comunale non controlla, per prima, l’operato dei propri dipendenti. Si dovrebbe fare un convegno sull’etica della responsabilità perché oggi non si capisce più chi è responsabile.
E la gente ha un atteggiamento di riscatto o di rassegnazione?
La gente è buona, ma deve essere educata. Si tratta prima di rispetto delle regole e poi di lotta alla camorra. Lo ripeto sempre nelle mie omelie e negli incontri che faccio nelle scuole, non in veste di sacerdote ma di consulente alla legalità, così come sono stato nominato dal Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni.
La parrocchia è diventata per la comunità di Forcella un punto di riferimento, se lei non fosse più parroco sarebbe la stessa cosa?
Per questo motivo ho voluto creare una fondazione che, con la collaborazione di Confindustria e la Camera di Commercio, cerca di insegnare un mestiere ai giovani del quartiere. Da giugno cominceremo a lavorare, ma si continuerà anche quando io non sarò più parroco insolitum di Forcella. Perché come è scritto nel libro cinese che sto leggendo: “E’ meglio avere un fiammifero accesso che lamentarsi del buio”. A volte mi dicono: “Padre, io il traguardo non lo vedo mai”. Allora, io rispondo: “Come fai a vederlo, se non sei mai partito?”.
Ha mai pensato di andare via?
Sì. L’ho fatto a dicembre. Ricordo che il titolo del TG1 fu: “Anche il prete anti-camorra ha mollato”. È stata la prima volta che mi sono spaventato dell’attenzione mediatica nei miei confronti. L’ho fatto perché ricevetti una denuncia per appropriazione indebita. I locali di una vecchia scuola, appartenente all’Asl, mi furono concessi dal Comune che li aveva in comodato d’uso. In realtà, il comodato era scaduto già molto tempo prima che il Comune, inconsapevole, mi facesse questa concessione. Mi ritrovai quindi una denuncia da parte dell’Asl e pensai di non poter andare più avanti. Ma fui fermato dal pianto dei miei ragazzi.
Perché vive sotto scorta?
Molti pensano che la scorta mi sia stata assegnata quando feci un’omelia di fuoco per i funerali di Annalisa Durante. In realtà, l’ho avuta nel 2003, quando riuscii a far smantellare le telecamere installate dalla camorra sul territorio e denunciai 25 persone per spaccio di droga. Non possiamo più tacere e condividere l’omertà delle istituzioni.
Rita Parrella

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