Benevento -

 12/07/2007   0:2 856

Vanoni tra gag e magia al Festival Internazionale

Benevento -

“Era lì, era lì a sconvolgere i cuori / a cambiare gli umori / era lì, era lì / era lei era lei, soffocante e leggera /un’amante che ti spia/ dato che è già stata tua…sua…mia”. Musica, musica. Dall’album “Noi, le donne noi”. Inizia  così, alle 21.45, al Teatro Romano, il concerto di Ornella Vanoni, protagonista della seconda serata del Festival Internazionale, la rassegna organizzata dall’Associazione Iside Nova e inanellata nel solco della kermesse "Quattro Notti...". 

La signora della musica veste in viola, al collo uno scialle che “ha trentacinque anni”. Lo rivela ella stessa, tra il serio e il faceto, al pubblico che occupa tutti i gradoni del teatro e la ascolta divertito, in parte curioso.

Ma la cantante parla solo dopo aver sfogato le sue “Rabbia, libertà e fantasia”, aver alzato al cielo il suo “arrivederci, amore ciao” (da “Insieme a te non ci sto più”). E quando parla ammalia: “Ho messo questo foulard per proteggermi dal freddo. Perché fa freddo, almeno fa freddino. Son partita da Milano che crepavo”. E poi una lezione di understatement, leit motiv dell’esibizione: “Ero convinta che a Benevento ci fosse il mare. Per me tutte le città vicino Napoli hanno il mare. Invece sono venuta e mi sembrava di essere nelle Marche”. Il pubblico ride, i musicisti incalzano, e parte la melodia: “Odio l’estate che ha dato il suo profumo a tutti i fiori”.
 
Poi cala il silenzio, la cantante sistema l’alto sgabello trasparente, più scenografico che effettivamente utile. Il palco, essenziale, si tinge di blu. E risuona l’eco di note che celebrano il suo tributo a Lucio Battisti. L’occhio di bue è fisso su di lei e sul suo chitarrista che esegue in assolo l’accompagnamento ad un accorato “E penso a te”.
 
Al termine, il pubblico applaude fragorosamente e poi quasi si scatena, quando la cantante incappa in una delle numerose gaffe, dipinte a tinte di gag, della sua serata. Il piano introduce “Stella nascente”, ma lei intona “Per l’eternità”. Sbaglia due volte, indi ferma il bravo pianista argentino e chiede: “Ma com’è questa introduzione?”. Quando capisce lo sbaglio si scusa con ironia: “E’ sempre una canzone di Mario Lavezzi. Le fa tutte uguali!”. Dagli spalti qualcuno urla “Tu puoi permetterti tutto”. E lei: “Non tutto, ma quasi. Questione d’età. Faccio finalmente quello che voglio”.
 
Il concerto prosegue così, con qualche parola dimenticata, qualche inceppo nella scaletta, e momenti di magia. Intensissima l’interpretazione di “Senza fine” o “Mi sono innamorato di te”. Un ragazzo tenta di consegnarle dei fiori ma lei li respinge ironica “Hai sbagliato tutto il tempo”, salvo poi accettarli di buon grado.
 
Magistrale la gag che si consuma quando l’artista deve intonare la complessa “Averti addosso”, una delle più belle canzoni di Gino Paoli. Non trova il testo sul leggio e mentre sfoglia nervosamente il libretto, chiede al pubblico e ai suoi artisti di fare qualcosa. Indi si concede fino al saluto che lascia sgomento più di qualcuno, alle 22.45, dopo solo un’ora di esibizione.
 
Gli spettatori fischiano, la invocano e lei rientra, improvvisa un balletto mentre si trastulla con “Tristezza, per favore vai via…”. Esegue poi “Domani è un altro giorno”, le mani tese verso gli ascoltatori, l’ombra proiettata verso il cielo da un potente faro alle sue spalle. “Morirò cantando” dice l’artista, mentre una standing ovation accompagna la fine del concerto.
 
Dal versante del pubblico, le mani che salutano portano un profumo di età adulta, dall’intenso aroma femminile. Ma quando Vanoni lascia il palco, anche i giovani, non moltissimi, sentono di aver imparato qualcosa.
M.I.

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