Un grido di denuncia contro la violenza sulle donne: "Finalmente farfalla"
La storia di Petra come specchio di una realtà dolorosa.
Si celebra oggi, 25 novembre, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un’occasione per riflettere e sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che continua a segnare drammaticamente la nostra società. In questo contesto, il romanzo "Finalmente farfalla", scritto da Arturo Carapella (La Compagnia della Stampa, 2014), emerge come un’opera capace di raccontare una delle forme più oscure e taciute di violenza: l’incesto.
Carapella, scrittore di origini sannite, ha tratto ispirazione da una storia vera narrata dal dottor Edoardo Colombo, psicoterapeuta impegnato nel difficile compito di restituire dignità e speranza alle vittime di abusi. Il romanzo ruota attorno alla figura di Petra, una donna che ha subito violenze fin dall'infanzia, condannata a convivere con cicatrici profonde che hanno compromesso la sua capacità di fidarsi degli altri e distinguere il bene dal male. "Finalmente farfalla" non è solo una narrazione di dolore, ma anche un racconto di resilienza, un viaggio faticoso e intenso verso la guarigione e la riscoperta di sé.
Petra: una bambola nel silenzio dell’abuso
"E venne il giorno... - Buon giorno, dottore! Io voglio vivere, mi aiuti. Non credo agli uomini. Non so più distinguere il bene dal male. Gli uomini hanno ucciso in me l'amore. Ed io odio, odio gli uomini, odio Dio, odio me stessa. Odio la mia bellezza, il mio essere donna, il mio esistere. Ho sete, tanta sete, ma bevo solo al fiume dei ricordi... Irremovibili... Ho voglia di gridare... Impazzisco di rabbia. Ora perché lei mi guarda in quel modo? Me lo dica chiaramente, non è che lei rappresenta il più violento degli inganni?"
Dalla Nota dell’Editore, emergono dettagli inquietanti della vita di Petra: sin da bambina, la protagonista è vittima del perverso desiderio del padre e della connivenza di una madre silenziosa e distante. La casa di Petra non conosce l’amore, ma solo violenza e alienazione. La sua esistenza è una lotta continua contro un contesto familiare che annienta ogni possibilità di normalità.
Petra viene trattata come una bambola da manipolare, priva di un’identità propria. Per sopravvivere a questo inferno, si rifugia nei sogni e nelle voci degli angeli, costruendo un mondo immaginario che le consente di respirare al riparo dagli orrori quotidiani. Tuttavia, anche quando viene collocata in una casa di rieducazione, dove sperimenta brevi attimi di serenità, Petra è costretta a tornare in famiglia, riaprendo ferite mai sanate e affrontando la devastante mancanza di una struttura familiare sana.
Le relazioni che Petra tenta di costruire nel corso della vita si rivelano altrettanto distruttive. Anche il fratello, inizialmente percepito come una figura neutra, si unisce al padre nell’abuso, trasformando Petra in una “bambola da possedere” senza alcuna pietà. È questo contesto di desolazione e tradimento che alimenta il grido silenzioso di Petra, una richiesta di aiuto che risuona lungo tutto il romanzo.
La negazione, il rifiuto e la speranza
Nonostante il peso insostenibile degli abusi subiti, Petra riesce a intravedere la possibilità di un cambiamento. Tuttavia, ogni passo verso la libertà è ostacolato da una società e da un sistema familiare che continuano a negarle il diritto di essere amata e rispettata. Respingendo Petra a causa della vergogna e dell’onore ferito, la sua famiglia le chiude ogni porta, costringendola a rifugiarsi in una casa per ragazze madri.
Nel cuore di Petra emerge un grido di ribellione. Si chiede il “perché” di tanto dolore e lotta per mantenere una fiammella di speranza, nonostante il mondo sembri determinato a spegnerla. Attraverso la nascita di sua figlia Luisa e il legame con un giovane, Petra tenta di costruire una nuova identità, una vita che finalmente possa appartenerle.
Eppure, la strada verso la guarigione è segnata da ulteriori sofferenze. Il marito violento e l’ennesimo abuso sembrano voler annientare definitivamente Petra. Ma lei continua a vivere, a lottare, a difendere il proprio diritto all’esistenza. Il romanzo ci restituisce il ritratto di una donna che, nonostante tutto, non si arrende. La sua forza diventa un simbolo universale di resilienza e coraggio.
Un’opera che invita alla riflessione
"Finalmente farfalla" è molto più di un romanzo: è un manifesto contro ogni forma di violenza di genere. Attraverso una scrittura intensa e profondamente toccante, Arturo Carapella denuncia non solo la brutalità degli abusi domestici, ma anche la complicità di un contesto sociale che spesso sceglie di voltare lo sguardo altrove. Durante le diverse presentazioni del libro, in giro per lo stivale, emerge la capacità dell’opera di generare dibattito e riflessione.
Durante una di queste presentazioni, la Consigliera regionale di Parità della Regione Basilicata, Ivana Pipponzi, ha definito il romanzo un “inno al coraggio e alla forza delle donne”. La storia di Petra, "Finalmente farfalla" dà voce alle vittime di abusi e offre uno spunto di riflessione sulla necessità di supportare le donne nel loro percorso di rinascita, sia attraverso il sostegno psicologico sia attraverso un cambiamento culturale che non lasci spazio all’indifferenza.
"Finalmente farfalla" ci ricorda che ogni vittima ha una storia, un volto, un grido di aiuto che merita di essere ascoltato. Celebrare questa giornata significa dare spazio a queste voci e lavorare insieme per un futuro in cui nessuna donna debba più sentirsi sola nella sua battaglia.
Arturo Carapella
Arturo Carapella è uno scrittore, poeta e insegnante italiano, nato a Molinara, in provincia di Benevento. A Bergamo, ha svolto per molti anni la sua attività di insegnante e di consulente pedagogico. La sua formazione in Lettere Moderne presso l’Università di Napoli gli ha permesso di sviluppare una profonda sensibilità artistica e culturale, che ha segnato la sua produzione letteraria.
Carapella ha vissuto un’importante esperienza lavorativa in un carcere minorile, che lo ha avvicinato alle tematiche sociali, alla fragilità umana e alle difficoltà dei più giovani, elementi che hanno influenzato molti dei suoi scritti. Ha anche collaborato con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune di Bergamo, curando diverse edizioni del progetto "Sapercittà", un'iniziativa volta a promuovere la conoscenza del territorio e il dialogo tra scuola e società.
Come autore, Arturo Carapella ha pubblicato numerose opere, tra cui raccolte di poesie come "Luna livida" e "Il canto delle ginestre", edite da Alberti & C. Editore. La sua scrittura si distingue per la profondità emotiva e per la capacità di esplorare temi complessi come la sofferenza, l’alienazione e la resilienza.
Nel 2014, Carapella ha pubblicato il romanzo "Finalmente farfalla", un’opera ispirata a una storia vera di violenza domestica, che affronta il tema dell’incesto attraverso il viaggio psicologico e umano della protagonista Petra. Il libro rappresenta un contributo significativo alla sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne ed è stato accolto con grande interesse in ambiti culturali e istituzionali. "Finalmente farfalla" è stato presentato in eventi organizzati da enti pubblici e associazioni, consolidando il ruolo di Carapella come scrittore impegnato socialmente.
La carriera di Arturo Carapella riflette una costante ricerca di connessione tra arte, società e umanità, rendendolo una voce importante nel panorama letterario contemporaneo.