05/02/2015   9:50 13095

Sannio e immigrazione: quando la lingua puo’ renderci fratelli


Avevamo iniziato con la storia di Maria e Yankuba, il primo capitolo di questo viaggio che la testata de 'Il Quaderno.it', ha voluto intraprendere per raccontare le storie, fotografare i volti non solo di chi viaggia in cerca di speranza, ma anche di chi lavora al proprio fianco e spesso in maniera gratuita insegnandogli una lingua: l’italiano o il significato di integrazione, convivenza anche attraverso i valori dello sport.
‘Bla bla bla’ quando la lingua può renderci fratelli
Eccolo allora il secondo capitolo del viaggio che questa volta fa tappa a Dugenta, per conoscere e capire le realtà sannite che svolgono il delicato compito dell’accoglienza e dell’integrazione, per i rifugiati ed i migranti. Nel comune sannita, l’arrivo dei migranti non fu visto di buon occhio, ma il lavoro dei volontari dell’Associazione Culturale L’Agorà, la disponibilità ed il patrocinio rilasciato dal comune guidato da Ada Renzi ha cambiato le carte in tavola, ha aperto in questo piccolissimo anfratto d’Italia una finestra sul mondo. Nel centro d’accoglienza Damasco – gestito dal consorzio Maleventum - oggi vi sono circa 50 persone alloggiate e intorno alla struttura l’associazione Culturale L’Agorà ha creato “Bla bla bla, 3 lingue per 4 chiacchiere”. Manuela Zuzolo, presidente dell’Associazione Culturale, ci spiega come nasce l’idea.“L’intento è quello di creare integrazione! E quale modo migliore che dare la possibilità di potersi esprimere nella lingua locale per essere meglio compresi e, perché no, accettati?”
L’ostacolo maggiore, è forse realmente, unitamente all’avere un tetto, un pasto caldo proprio la lingua. Quali sono dunque gli obiettivi che come associazione vi siete posti? Chi vi aiuta?
“L’Associazione Culturale l’Agorà – risponde Zuzolo - con questo progetto intende, in primo luogo, favorire lo scambio culturale e linguistico tra i diversi popoli presenti nella nostra comunità soprattutto, attraverso corsi di italiano, inglese, francese (per questo 3 lingue) ed attività varie, quali laboratori creativi con bambini e ragazzi, reportage fotografici, documentari, incontri-dibattiti sul tema dell’integrazione, dell’immigrazione e contro ogni forma di razzismo. Purtroppo il clima attorno agli stranieri è talvolta particolarmente ostile, per cui riteniamo sia fondamentale far comprendere che l’immigrato o il rifugiato è una risorsa da cui attingere (per il suo vissuto, le sue tradizioni, i suoi sogni), non un nemico da temere! Attualmente stiamo tenendo un corso gratuito di italiano rivolto soprattutto ai richiedenti asilo presenti sul nostro territorio, che si tiene ogni sabato dalle 15 alle 18, presso il Centro Sociale Giancarlo Siani, di Dugenta in Piazza Mercato”. Sappiamo che il comune di Dugenta ha preso a cuore il vostro lavoro. “Si – riprende Zuzolo - il progetto ha anche ottenuto il patrocinio morale del Comune di Dugenta, per cui ringraziamo vivamente, per la sensibilità mostrata, il Sindaco, Ada Renzi e gli amministratori comunali.

A frequentare il corso non ci sono solo i rifugiati ed i migranti vero?
“Il corso attualmente è frequentato da 35 ragazzi africani richiedenti asilo, provenienti prevalentemente dal Mali, dal Gambia, dal Senegal e dalla Nigeria e da 8 indiani, alcuni dei quali vivono e lavorano a Dugenta da diversi anni, sono per l'esattezza 3 famiglie, 2 delle quali con bambini piccoli già in età scolare”.
Un team, quello messo su da Manuela Zuzolo, moglie tra l’altro del noto artista ‘Biodpi’ che vede la partecipazione attiva ed il coinvolgimento di Angela Finaldi, ex professoressa di storia e filosofia, Grazia Di Cerbo, Susan Iadevaia, Francesca di Fonzo, Fabio Della Ratta, Carmen La Rocca, Antonio e Giuliano Ventura. Volti, storie, sacrifici fatti anche da parte di chi in maniera totalmente gratuita, si mette in gioco, ascolta ed insegna anche una parola, una frase che nel tempo potrebbe definire o essere stimolo per l’integrazione.
“Sicuramente! I ragazzi del Centro Damasco ormai qui a Dugenta si sentono a casa!
Questa esperienza multirazziale, multiculturale, multietnica e multireligiosa ha sinceramente superato le nostre più rosee aspettative e credo che nel nostro piccolo siamo riusciti a dare a questi ragazzi, ormai amici, un’accoglienza che abbia sapore di amicizia e di umanità. Insieme a loro stiamo anche realizzando un bel reportage fotografico e delle interviste, tutte molto toccanti e piene di speranza!”
Insomma oggi già educare è difficile, educare alla diversità lo è ancora di più ma ‘Bla bla bla’ ci sta insegnando che non è affatto impossibile. “Nei nostri piccoli paesi – conclude Zuzolo - le vite si incontrano e si intrecciano più facilmente, per cui superata la diffidenza iniziale, integrarsi diventa quasi naturale!"

Avere vent'anni e dover abbandonare la propria terra

Quella che vi stiamo per raccontare è l’avventura di Sergio, nome italianizzato e di fantasia, ha vent'anni è del Gambia. Per di arrivare in Italia ha attraversato prima che il Mediterraneo, il Mali, il Senegal, il Burkina Faso, il Niger e la Libia. Nove mesi di viaggio interminabili, tre giorni di navigazione su di un barcone insieme ad altre 160 persone. Partiti da Zuara – 112 km a nord di Tripoli – e sbarcati a Siracusa senza acqua e senza cibo. Sergio ci dice: “Da quando sono arrivato qui a Dugenta il problema principale da affrontare è la lingua. Con i ragazzi di ‘Bla bla bla’ sto piano piano imparando e sono contento”. Poi senza che gli chiedo nulla continua: “Con il tempo la gente è diventata sempre più gentile, cordiale e disponibile con me e gli altri ragazzi del centro di accoglienza. Ora, quando vado in giro per il paese ed entro nei negozi tutti mi salutano e non c'è razzismo nei loro occhi“.

Anche Sergio ha sogni e tante speranze, come molti coloro che percorrono il mare sperando di trovare libertà, invece trova se va bene un tetto. Perchè sei scappato?
“Il nostro presidente – dice Sergio - è un dittatore, mio zio ha deciso di andare a vivere in UK e da li ha iniziato a scrivere contro il regime e la sua crudeltà. Mio fratello maggiore, che è stato anche magistrato nel Gambia, è stato accusato di dare informazioni a mio zio, e così, è stato costretto anche lui a lasciare la sua terra e fuggire nel Regno Unito dove ora studia legge. Dopo la sua partenza hanno cominciato a sospettare anche di me, quale informatore, per questo motivo sono stato arrestato e torturato”. Sergio però non smette di essere ottimista e prosegue come un fiume: “Io, però, mi sento fortunato perché in molti non escono vivi da questo tipo di detenzione o comunque vengono assassinati subito dopo la scarcerazione, per destare meno sospetti”.
Infine gli chiedo come religione ed integrazione, vengono vissute nei centri d’accoglienza sanniti e risponde: “Nel Centro Damasco hanno rispetto per la nostra religione, i suoi precetti, e le nostre tradizioni. L'Islam è una religione di pace, dove l'uccisione di innocenti e il suicidio non sono contemplati, anche negli stati dove vige la legge della ‘Shari'a’ – il riferimento anche ai fatti di Parigi sono chiari, e conclude - noi siamo musulmani non terroristi”.

Michele Palmieri

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