Sannio, alto rischio idrogeologico. Baselice e Frasso Telesino in fondo alla classifica
Una frana, è proprio il caso di dirlo. Quindici comuni sanniti presenti nel dossier di Legambiente, "Ecosistema a rischio", solo due ottengono la sufficienza, quattro sono in zona rischio, nove hanno parametri insufficienti per far fronte a qualsiasi tipo di emergenza idrogeologica. E' la fotografia che emerge dall'indagine Ecosistema rischio 2013, dossier annuale di Legambiente e del Dipartimento della Protezione Civile. La Campania e il Sannio sono ancora una volta in ritardo ed i numeri non rassicurano affatto, visto che le recenti piogge evidenziano drammaticamente la rilevanza dei problemi legati al rischio idrogeologico. Sono 504 i comuni campani in cui sono presenti zone ad elevata criticità (15 quelli sanniti anche se nel "rapportone" di Legambiente mancano diversi comuni del Tammaro e del Fortore che ultimamente hanno subito danni ingenti, come Castelfranco in Miscano, Ginestra degli Schiavoni o alcune frazioni di S.Agata dei Goti). Tra le amministrazioni comunali campane intervistate, sono 106 quelle che hanno risposto in maniera completa al questionario di Ecosistema rischio (il 22% circa dei comuni a rischio della regione a cui è stato inviato il questionario). Di queste, i dati relativi a 30 amministrazioni sono stati trattati separatamente, poiché i competenti uffici comunali hanno dichiarato di non avere strutture in aree a rischio, il che giustifica parzialmente il non essersi attivati in azioni di prevenzione e pianificazione. Sono state invece conteggiate quelle amministrazioni che, a seguito di interventi di consolidamento e delocalizzazione, pur non avendo fabbricati in zone a rischio, svolgono comunque un buon lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico. Le tabelle riportate nel dossier si riferiscono quindi a 76 amministrazioni comunali della Campania.
CERRETO E CEPPALONI OK, MAGLIA NERA PER BASELICE E FRASSO
La "mappa sannita" è desolante. Solo due comuni su quindici hanno raggiunto la sufficienza: Cerreto Sannita e Ceppaloni (oltre a San Martino Valle Caudina). Appena sotto la soglia minima c'è Montesarchio. I due comuni sanniti e quello caudino hanno raggiunto nel dossier una votazione pari a 6 (6,25 per S.Martino), rientrando dunque tra i comuni italiani che svolgono un sufficiente lavoro di mitigazione del rischio. Non compaiono, come prevedibile, comuni sanniti che rientrano nelle prime due fasce (da 10 a 9 comuni con ottimo lavoro di mitigazione del rischio e, da 8.75 a 7 comuni con un buon lavoro di mitigazione del rischio). La classifica tiene conto dei seguenti parametri: Presenza industrie in area a rischio idrogeologico, presenza case in aree a rischio idrogeologico, presenza quartieri a rischio, presenza strutture sensibili-turistiche-commerciali a rischio, manutenzione ordinaria sponde e opera di difesa idraulica, opere di messa in sicurezza, delocalizzazione case o fabbricati a rischio, recepimento del Pai, monitoraggio, Piano di emergenza comunale aggiornato negli ultimi due anni, recepimento sistema allerta regionale, presidi territoriali, struttura h24, attività di informazione e sensibilizzazione alla popolazione, esercitazioni. Insomma, in base all'urbanizzazione del territorio il comune deve rispondere con una corretta gestione del territorio e con piani di prevenzione, pianificazione e allertamento. Cerreto e Ceppaloni vengono "premiate" dal Legambiente proprio per la manutenzione e la prevenzione del territorio. Appena sotto la sufficienza, con 5.75, c'è il Comune di Montesarchio. Insufficienti le misure adottate da Dugenta e Forchia, ferme a 4.75, così come S.Nicola Manfredi (4.25). Nell'ultima fascia, quella più
pericolosa ci sono Circello e Puglianello (3.75), Telese Terme (3.25), Apollosa, Paduli e S.Angelo a Cupolo (2,75) e Paolisi con voto 2. Tra i peggiori comuni d'Italia, in materia di prevenzione a rischio idrogeologico compaiono Frasso Telesino (1.75) e Baselice (1). Sia il comune telesino che quello del Fortore sono penalizzati dalla presenza di industrie, case, quartieri e strutture commerciali in zone a rischio dissesto. Non basta dunque la manutenzione ordinaria e la messa in sicurezza delle opere. Peggio di Baselice solo quattro comuni italiani, vale a dire le "maglie nere" San Giuseppe Vesuviano, S.Pietro di Caridà e Varsi con un desolante zero in pagella.
"FOTOGRAFIA ITALIA". I RISCHI AUMENTANO, PREVENZIONE FERMA
Sono ben 6.633 i comuni italiani con aree a rischio idrogeologico, l’82% del totale, con oltre 6 milioni di cittadini che si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. Calenzano (Firenze), Agnana Calabra (Reggio Calabria) e Monasterolo Bormida (Asti) sono i comuni più virtuosi. In ben 1.109 comuni (l’82% fra i 1.354 analizzati nell’indagine) sono presenti abitazioni in aree a rischio e in 779 amministrazioni (il 58% del campione) in tali zone sorgono impianti industriali. Nonostante le ripetute tragedie, anche nell’ultimo decennio sono state edificate nuove strutture in zone esposte a pericolo di frane e alluvioni (in 186 comuni fra quelli intervistati). “Frane e alluvioni comportano ogni anno un bilancio pesantissimo per il nostro Paese sia per le perdite di vite umane che per gli ingenti danni economici – commenta il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - E se è ormai chiaro il ruolo determinante dell’eccessivo consumo di suolo, dell’urbanizzazione diffusa e caotica, dell’abusivismo edilizio e dell’alterazione delle dinamiche naturali dei fiumi nell’amplificazione del rischio, le politiche di mitigazione faticano a diffondersi. Ma non solo. Anche le risorse stanziate dopo ogni tragedia finiscono spesso a tamponare i danni, ripristinando lo stato esistente mentre sarebbe ora di pianificare interventi concreti di ripensamento di quei territori in termini di sicurezza e gestione corretta del rischio. Purtroppo, in dieci anni di 'Ecosistema Rischio' ci siamo ritrovati a dire spesso le stesse cose: il tempo è passato ma sembra sia cambiato poco o nulla nell’attenzione rivolta ai temi della protezione civile e della salvaguardia del nostro territorio - osserva il Capo del Dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli. "Anche di fronte agli ultimi avvenimenti, che confermano come il rischio idrogeologico interessi la massima parte del territorio italiano e constatando una prevenzione strutturale non immediata per tempi e risorse economiche, dobbiamo tutti concentrarci sulla prevenzione di protezione civile e su una corretta informazione ai cittadini, strumenti che nell’immediato possono consentirci di salvare vite umane. Detto ciò, rimango convinto dell’urgenza di passare dalle parole ai fatti, dell’urgenza di compiere scelte importanti che pongano al vertice delle nostre preoccupazioni la salvaguardia dell’intero territorio che sta letteralmente crollando a pezzi. Per questo ho lanciato, da mesi, la proposta di una revisione delle politiche di uso del territorio, sospendendo, magari, quei progetti che possano provocare un ulteriore aggravio del rischio in un paese sempre più fragile come il nostro e investendo le poche risorse che abbiamo sulla messa in sicurezza''.
Gaetano Vessichelli