Carla Fracci si racconta: dalla Scala all'incontro professionale con Nureiev FOTO
“E’ bello ritornare a Benevento”. Esordisce così la divina Carla Fracci che ieri sera, presso il teatro De Simone” ha incontrato una platea attenta al racconto familiare di cui l’étoile ha voluto omaggiare la città, che l’aveva già vista protagonista in passato.
Non ha bisogno di presentazioni Carla Fracci. Figlia di un tranviere, sin dal 1946 studia alla scuola di ballo del Teatro alla Scala con Vera Volkova ed altri coreografi, diplomandosi nel 1954. Dopo due anni diviene danzatrice solista, quindi prima ballerina nel 1958. Tra la fine degli anni cinquanta e durante gli anni settanta danza con alcune compagnie straniere, quali il London Festival Ballet, il Sadler's Wells Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet e il Royal Swedish Ballet. Dal 1967 è una ballerina dell'American Ballet Theatre. La sua notorietà si lega alle interpretazioni di ruoli romantici e drammatici, quali Giselle, La Sylphide, Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini. Ha danzato con vari ballerini, tra i quali Rudolf Nureyev e Vladimir Vasiliev,
A Benevento, ospite dell'Accademia di Santa Sofia per la rassegna “Santa Sofia in Santa Sofia”, questa sera l'ultima Diva del balletto si è raccontata nella location del Teatro De Simone. Carla Fracci e il marito Beppe Menegatti, regista tetrale, hanno ricordato con la giornalista Elisabetta Testa i loro lavori nella città di Benevento e i loro esordi con Eduardo De Filippo nella città di Napoli, di cui ancora serbano un ricordo indelebile e un affetto profondo. Sono stati citati i più grandi artisti con cui l’ètoile ha danzato nei teatri mondiali più prestigiosi; di essi è stato rivelato qualche dettaglio privato, frutto dell’amicizia nata sui palcoscenici e proseguita nella vita privata. Non poteva mancare il riferimento a Rudolf Nureiev.
“Rudy era una persona sola che abbiamo ospitato nella nostra casa di Firenze” dove ci raccontava del grande affetto che nutriva per la madre e di quanto soffrisse per esserle lontano. Era un perfezionista che amava mettermi continuamente alla prova”, ha svelato Carla Fracci. Insieme i coniugi ed artisti hanno ripercorso gli esordi da bambina presso il Teatro alla Scala dove la accompagnava il suo papà, tranviere, che al mattino si recava a Milano.
“Ero gracilina, ma mi hanno presa perché dicevano che avevo un bel faccino”. La divina Fracci ha ricordato come da piccola fosse una bambina assolutamente normale, che giocava con una bambola realizzata dalla nonna con un fazzoletto: “Non avevo grandi desideri, ero felice così e ballavo come tutte le bambine improvvisano da piccole”.
Immancabile la domanda dal pubblico su cosa abbia puntato per diventare la grande artista che tutti conosciamo. La risposta è da sempre la stessa per la signora Fracci: “Un lavoro costante , impegno, rigore, la ricerca della perfezione nella semplicità”. Anche nell’insegnamento della danza ho profuso lo stesso impegno e ne ho richiesto altrettanto, perchè. la ricerca del dettaglio fa la differenza. Ho sempre richiesto ordine e precisione. Mi è capitato di redarguire una ballerina per l’orologio che portava al polso: troppo grande”.
Ed è dai dettagli che si colgono dalle sue parole che la platea percepisce l’immensità della ballerina e, prima ancora, della donna. Alla moderatrice che le chiedeva quando avesse capito di essere arrivata ha risposto che mai si è sentita arrivata, che c’è sempre tempo per imparare.
“Anche nel ripetere lo stesso balletto è possibile reinterpretare il gesto, il movimento, alla luce di nuovi elementi che si colgano nel personaggio. Il ruolo preferito? Tutti e nessuno in particolare”, anche se , come ha riportato la giornalista nel rievocare un pensiero già espresso da altri, ”Se le altre ballano Giselle, La Fracci è Giselle”.
Sonia Caputo
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