Un militare alla discarica di Sant'Arcangelo Trimonte 01/11/2013   15:17 22136

Campania avvelenata, Sannio incluso. Così, nel 1997, il pentito Schiavone: 'Moriranno tutti di cancro'


"Fino al 1991, inizio 1992 a noi scaricavano tra la zona di Latina fino a Benevento. Avevamo ancora le cave di sabbia, parecchie delle quali erano in via di esaurimento, che potevano ancora essere riempite. Quando abbiamo fatto il giro in elicottero si è verificata una "scena", nel senso che abbiamo visto un camion che stava scaricando e che poi è scappato. Insomma, c'erano cave non ancora sistematicamente piene, perchè il territorio è vastissimo; in più, non è che per scavare si andasse a prendere uno che avesse mille metri di terra: ne doveva avere almeno 7-10mila con una profondità di 25 metri, si trattava di 250 mila metri cubi di terreno da estrarre e, quindi, di 250 mila metri cubi di immondizia da poter sistemare (forse 200mila visto che altri 50mila erano occupati dalla terra usata per ricoprire". Dichiarazioni che lasciano di stucco ma che fanno parte del corposo resoconto dell'audizione davanti alla Commissione Parlamentare d'inchiesta sui rifiuti del pentito di Camorra, Carmine Schiavone. Nessun segreto di Stato da ieri, visto che il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha reso fruibile e visibile a tutti il resoconto di 43 pagine. Benevento e il Sannio vengono citate più di una volta dal cugino di Sandokan. Come a pagina 17, quando Carmine Schiavone stila la "mappa" alla Commissione parlamentare: " Nel 1988 furono suddivise le zone: il clan dei Casalesi arrivava fino alla provincia di Benevento, mentre Carmine Alfieri, con Mario Fabbrocino e Pasquale Galasso, si allargavano nella zona vesuviana, sia pure sempre collegati con noi attraverso, diciamo così, un mutuo soccorso”. Nuovo rifermento al Sannio quando il super-pentito risponde così alla domanda: "Le risulta che il clan dei Casalesi avesse rapporti con altre realtà della criminalità organizzata sul piano della gestione dei rifiuti, nel senso che il responsabile del clan gestisse lo smaltimento dei rifiuti anche in aree al di fuori del vostro ambito territoriale?”. “Nel Lazio - è la risposta di Schiavone - ed in Campania parliamo della provincia di Caserta, di una parte del beneventano (non specifica quale), arrivando fino a Giugliano”. Il territorio sannita è ancora citato dal pentito quando parla di "zona di nostra influenza", poi tocca alla Valle Caudina: "Noi avevamo Mimmo Pagnozzi come nostro capo zona - afferma Carmine Schiavone - insediato a San Martino Valle Caudina, il quale ci gestiva i lavori per nostro conto, ci dava le quote sulla droga e tante di quelle cose". Politici, sindaci di tutti i "colori", nomi di spicco ed anonimi amministratori per un "affare autorizzato, che faceva entrare soldi nelle casse dei clan e - sosteneva il parente di Sandokan - entro venti anni gli abitanti di Casal di Principe, Casapesenna, Castelvolturno moriranno tutti di cancro. Non credo che si salveranno”. Poi particolari sulle tariffe: "Le società pagavano 500mila lire a fusto, perché per distruggerli dovevano avere un’attrezzatura speciale, per cui ci volevano 2 milioni e mezzo. Allora, lui incassava per la ditta i 2 milioni e mezzo ed il clan 500mila lire a fusto. Era questo il fattore principale; abbiamo scaricato milioni e milioni di tonnellate”. Infine l'ammissione di trasporti di rifiuti tossici dal nord Italia alle discariche autorizzate (e non) della Campania: "Il nostro era un clan di Stato - ha poi ammesso Schiavone - perchè se le istituzione non avessero voluto l'esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere?".

G.V.

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