Alluvione a Benevento del 15 e 19 ottobre 2015. Fiume Calore, Ponte Vanvitelli 14/10/2016   22:18 8921

Benevento. Alluvione un anno dopo, tutti i numeri del disastro


Ad un anno esatto dall'alluvione il Sannio prova a guardarsi intorno e a ritrovare slancio. Dopo trecentosessantacinque giorni però il disastro è ancora visibile.

365 giorni, 8760 ore. Ecco quant’è passato dalla drammatica alluvione che il 15 ottobre 2015 devastò il Sannio. Interi paesi come Paupisi e Circello rimasero isolati. Altri seriamente danneggiati, come nella zona del Fortore e Solopaca, ma anche Dugenta, Sant’Agata de’Goti, Ponte, Casalduni, San Marco dei Cavoti.

Benevento venne sommersa in alcuni suoi punti: Ponticelli, Rione Ferrovia, Ponte Valentino, Santa Clementina, sott'acqua finirono anche le scuole. A Pantano la zona più bassa della città, l'acqua raggiunse anche i 4 metri, spazzò via i campi, distrusse il vivaio Ciampi lasciando una scia di distruzione ed un silenzio desolante. Quella maledetta notte furono tante le famiglie costrette a salire sui tetti per rifugiarsi ai piani alti delle case e mettersi in salvo fino all'arrivo dei soccorsi. Trenta le persone che i Vigili del Fuoco salvarono in quelle ore, mentre il fiume è li che giace in silenzio e sugli argini  ben poco è stato fatto. Oggi anche le serrande abbassate dei negozi hanno riaperto, alcune a fatica, ma testimoniano che la vita è ripresa. Viaggiando però si notano ancora, impressi a futura memoria, le linee di delimitazione del fango, la figura di una mano è impressa su un palazzo, magari stampata li in un momento di riposo. Spazi invece come il Magnifico Visbaal non hanno ancora riaperto,  ma il teatro si sa, "si fa se si ha fantasia" amava dire Eduardo, e allora anche una semplice piazza potrà sembrare una platea festante.

In provincia, dove la produzione vitivinicola si aggira intorno al 50% di quella di tutta la Campania, furono diversi gli ettari di vigneti distrutti (sono 10mila ne è scomparso il 10%). Tonnellate e tonnellate, le pietre che piovvero giù dai canaloni che solcano la montagna del Taburno e che in un attimo spazzarono via la speranza di un raccolto. La melma ed il fango ricoprirono le strade e i campi, l’acqua marcì i sogni di tante piccole aziende agricole travolte dalla piena di un fiume che vomitò per giorni la mancanza di cure, di attenzione, d’affetto così come nel lontano 1949.

Il danno in campo agricolo fu stimato da Coldiretti intorno ai 120 milioni di euro: 50 per il settore vitivinicolo e 50 per le altre produzioni. Valutabili in 10 milioni di euro i danni alle strutture aziendali e 10 alla viabilità poderale ed interpoderale. “Una parte delle imprese è ripartita – dice al Quaderno.it il direttore Coldiretti Benevento, Francesco Sossi – parliamo di chi ha subito danni poco ingenti e dunque è riuscita a ripulire il terreno. Altre invece sono ancora ferme al palo e aspettavano la pubblicazione della misura 5.2.1 da parte della Regione Campania. È difficile per un settore come quello agricolo riuscire a calcolare le perdite, un calo però nel campo dei cereali lo abbiamo notato. Ci sono ancora oggi situazioni di criticità che ci preoccupano, come l’alveo dei fiumi e la viabilità che possono frenare la crescita degli insediamenti produttivi”.

Per la zona industriale e la debole economia sannita già rallentata dalla crisi fu un colpo durissimo. Aspre le polemiche mentre si contavano le vittime: una donna a Pago Veiano uscita da casa per chiedere aiuto, aveva il marito infermo; un uomo colpito da un malore mentre a Montesarchio liberava il seminterrato dal fango ed un operaio 38enne dell’Enel. La forza dell’acqua però non accennò a diminuire anzi, il 20 ottobre la nuova ondata, con le allerte meteo che venivano aggiornate con continuità, provocò ulteriori danni. Nel Sannio si aprì una ferita profonda che tutt’oggi continua a sanguinare. Ci sono ponti e strade ancora non percorribili, voragini ancora aperte, e percorsi alternativi ancora battuti per ovviare al disastro.

In città, così come in provincia, oltre all’acqua e al fango nelle strade, si riversò la solidarietà di tantissimi volontari. “Gli angeli del fango”, decine di giovani, gli ultras del Benevento (e del Savoia all’epoca gemellati), i migranti, compresi gli studenti Erasmus che si tolsero le sneakers e misero gli stivali; nelle mani pale e ramazze, secchi, qualsiasi strumento utile a liberare negozi, case, officine, garage, seminterrati dal fango. L’acqua devastò tutto, spazzò via interi manufatti industriali, entrò addirittura tra le botti che serbavano i vini doc della Cantina di Solopaca “Sì, rispetto all’annata 2015 – spiega Carmine Coletta della Cantina di Solopaca – abbiamo registrato una diminuzione del quantitativo di uva di circa il 3% (5mila quintali circa in meno su una produzione che sfora i 130mila quintali, ndr) ma non della qualità, riduzione dovuta non solo però agli effetti dell’alluvione e che ci porteremo avanti per circa 3 anni, perché i vigneti sono stati reimpiantati”.

La Cantina di Solopaca si è resa poi famosa per l’idea di marketing partorita da due giovani sanniti (Salvatore Ferri e Almerico Tommasiello) che ha prodotto la campagna #sporchemabuone che ha introdotto sul mercato le bottiglie salvate dall’alluvione ma sporche di fango (65mila quelle vendute in 5 giorni, 100mila in totale). 

La Cantina di Solopaca però ha subito anche danni ingenti legati alle strutture. “Problemi e danni per diverse centinaia di migliaia di euro che abbiamo risolto totalmente – continua Coletta – grazie al sostegno dei soci senza alcun aiuto esterno. Soci e piccole aziende che magari stando nei pressi del Calore hanno subito danni anche alle piantagioni senza ricevere ancora ristoro, anticipando tutto di tasca loro. La misura 5.1 ha stanziato 5 milioni di euro per una stima totale che si aggira intorno ai 120 milioni e per molti la soglia del 30% è anche abbastanza selettiva tanto da non riuscire ad accedervi”.

La furia del Calore e del Tammaro non risparmiarono neanche aziende come la, Wierer, Metalplex, il Pastificio Rummo fu invaso dal fango a risollevarlo la campagna #saveRummo, l’Agrisemi Minicozzi si ritrovò con tonnellate di grano andate perdute (60mila quintali) e l’azienda sott’acqua. Decine i posti di lavoro a rischio in quei giorni e tutelati con tenacia dagli imprenditori. La ripresa economica, e dunque la crescita, nella già sofferente area sannita dopo l’alluvione è frenata eccome. A sancire ciò, sono stati anche i dati forniti dalla Banca d’Italia nel rapporto sulle Economie Regionali ed i dati di Confindustria.

“Con l’alluvione – spiegavano Banckitalia e l’Unione degli Industriali – la ripresa si è arrestata, come segnalato dai dati relativi all’ultimo trimestre del 2015, comparati con lo stesso trimestre di un anno prima. Le vendite destinate ai mercati esteri sono diminuite del 6,9 per cento: si sono dimezzate quelle dell’industria agroalimentare (dall’8,7 per cento della precedente parte dell’anno), sono calate quelle di prodotti agricoli (-13,8, dal 23,1), risentendo dei danni alla filiera agro-alimentare. La spesa dei turisti stranieri si è ridotta di un quarto. L’occupazione è crollata nei comparti industriale e, soprattutto, agricolo. Le ore di Cassa integrazione autorizzate sono aumentate del 10,4 per cento. Il Commissario Delegato all’emergenza, Giuseppe Grimaldi, ha condotto nei mesi successivi, un’approfondita ricognizione dei danni, pari a 1,113 miliardi di euro così distinti: € 758.051.022,50 per danni a opere e strutture pubbliche, € 281.141.441,04 per danni alle attività produttive € 71.880.664,41 per danni ai privati. In particolare le imprese industriali che rappresentano il 40% delle aziende danneggiate, hanno subìto il 93% dei danni. I danni a loro volta si suddividono in: danni a macchinari e attrezzature: 55%; danni strutturali e funzionali all’immobile: 29%; danni alle scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti: 16%”.

I primi giorni montò la rabbia soprattutto dei cittadini seguita poi a ruota da quella degli imprenditori e degli agricoltori ribattezzata “la protesta dei 200 trattori”. La costante ancora oggi, quando torni in quei posti è l’amarezza perché dicono “ci sentiamo abbandonati”, “rispetto allo scorso anno non è cambiato nulla”. A coordinare gli aiuti in un momento critico e drammatico oltre che la Protezione Civile fu la Caritas che nei primi giorni fornì: 7.000 pasti , smistò 559 volontari, assistette 100 famiglie durante le operazioni di spalamento del fango, 40 famiglie con il Centro d’Ascolto e nelle settimane successive promosse nuovi progetti come #fuoridalfango.

Il Governo fino ad ora per il Sannio ha stanziato 36,5 milioni di euro (Legge di Stabilità per il 2016, il fondo per le emergenze prevede 1,5 miliardi di euro) serviranno a ripagare il danno ai privati (fino ad un massimo di 150 mila euro ovvero l’80% della stima totale), 38 milioni che sono stati concessi dopo il riconoscimento dello stato di emergenza, l’esenzione dei tributi ed il riconoscimento dello stato di calamità. La Regione invece ha stanziato: 500mila euro per tamponare le situazioni di immediata criticità. Il 19 ottobre il presidente De Luca ha fatto richiesta al Consiglio dei Ministri della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale; 5 milioni per la Misura 5.1 “Ripristino del potenziale produttivo danneggiato da calamità naturali, avversità atmosferiche ed eventi catastrofici”; 2milioni di euro per iniziative di urgente ripristino delle infrastrutture di supporto agli insediamenti produttivi delle zone colpite dagli eventi calamitosi. 15 milioni per il ripristino delle strutture produttive ricadenti nelle zone colpite dagli eventi calamitosi del 14-20 ottobre 2015; 80 milioni per strutture nei Comuni sanniti che hanno avuto ingenti danni dall'alluvione; chiuso l’iter procedimentale approvando il protocollo d’intesa tra Provincia e Regione Campania per il project financing relativo alla salvaguardia e valorizzazione dello habitat fluviale della Provincia di Benevento.

Michele Palmieri

SPECIALE ALLUVIONE 2015 

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